lunedì 23 aprile 2012

Maurizio Asquini intervistato da Parole Letterarie


1.      
  
     Lei è uno dei partecipanti al premio Casa Sanremo Writers, con quale opera ha partecipato? Come è nata l’idea di partecipare al concorso?

Ho partecipato con il romanzo “Dio ingannatore” edito da Caputo edizioni. Seguo e partecipo a diversi concorsi, sia con i romanzi che con i racconti, con la soddisfazione di vincerne parecchi. Il romanzo è giunto primo classificato a tre premi: Alabarda d’oro, Garcia Lorca e il Trofeo Penna D’autore. È sempre un’emozione partecipare e appena ho letto il bando del vostro prestigioso premio… non ho resistito alla tentazione.

2.     Innanzitutto, se me lo concede le chiederei di dirci qualcosa su di lei, per conoscerla. Da dove viene, che fa nella vita …

Novarese, presto cinquantenne con un lavoro e un’istruzione completamente lontana dalla letteratura. Un lavoro per nulla prestigioso dove spesso rispecchia la realtà dei miei protagonisti: il perdente! Potete conoscermi visitando il mio sito: www.maurizioasquini.com

3.     Ci può dire qualcosa della sua opera?


Il romanzo Dio ingannatore, che ha questo titolo che lo presenta “blasfemo”, che in realtà è nulla di tutto ciò. E’ un romanzo breve, di stile biografico e che è stato al centro di un’assurda polemica. Il mio editore durante un tour promozionale, ha ricevuto numerosi rifiuti e critiche a seguito del titolo e dalla copertina, trovando così numerose rinunce da parte di associazioni e da giornali che hanno criticato il romanzo sicuramente senza averlo neppure letto, malgrado che il romanzo narra tutt’altra storia e il titolo e la copertina non hanno nulla a che vedere con Dio e con la religione.
Il protagonista è un giovane ragazzo che vive un’esperienza molto difficile a causa del suo ritardo mentale, causato da una malattia che lo ha colpito all’età di tre anni e racconta la sua storia narrando gli eventi in maniera delicata attraverso gli occhi, appunto, di ragazzo diverso comprendendo le proprie limitazioni condannando la malattia che lo ha colpito durante la prima infanzia.
Il protagonista è dapprima protetto dalla mamma, una ragazza madre che affronta da sola la vita. Una donna di carattere, ambiziosa; una donna volonterosa e devota a Dio. Suo Unico sogno sarà una casa per sé e per il figlio; una casa alla fine conquistata con grossi sacrifici e un mutuo che crea delle grosse difficoltà.
 Ma poi arriva la malattia della mamma, che il figlio vede i segni senza capire, e in seguito la morte che egli vive solamente come un temporaneo allontanamento.
Unica guida per il figlio – e questo è il punto forte del romanzo - rimarrà un quaderno, scritto dalla mamma prima della morte, con scritte regole dettagliate su come affrontare ogni aspetto della vita.
Vane saranno le speranze della defunta mamma nel illudersi che il proprio figlio riesca a pagare la casa e a mantenere vivo il suo sogno. Il protagonista, a causa delle scarse risorse finanziare, arriverà al punto di perdere la casa.
Perché Dio ingannatore?
“Dio aiuta le persone di buona volontà.” insegnerà la mamma al proprio figlio, ma lui non comprende mai nulla di ciò che gli spiegano ed è costretto a continue rassicurazioni. Alla fine, in preda alla disperazione e sul punto di morte dovrà ricredersi sulla propria fede:
“Dio ci ha ingannato. Dio non aiuta le persone di buona volontà.” Dirà la sua mamma in preda alla disperazione e sul punto di morte.
Nella seconda parte del romanzo entra una nuova figura: un anziano signore che si stabilisce nella casa a fianco la sua e che condurrà una vita misteriosa in estrema segretezza.
Si tratta di un ex criminale nazista che ottiene gli arresti domiciliari. Un vecchio malvagio, incattivito dagli anni di solitudine trascorsi in carcere.
Alla fine, questo crudele personaggio, ormai costretto ad un ritorno nel carcere a causa della scadenza degli arresti domiciliari e dallo scandalo creatosi appunto per la sua parte di libertà ottenuta, approfitterà dello stato mentale del giovane protagonista e gli consegnerà un quaderno simile a quello che gli ha lasciato la sua mamma in punto di morte, incaricandolo di raggiungere una località della Jugoslavia dove, durante la guerra, il capitano aveva nascosto dei beni preziosi confiscati agli ebrei.







4.     È molto che scrive? Da cosa è nata l’esigenza di scrivere?


In verità scrivere non è mai stata la mia vera passione; inizialmente avevo mirato alla sceneggiatura ma lì è un terreno irraggiungibile e non ci sono possibilità di esordire. In seguito, per puro caso, ho convertito una bozza in romanzo ricevendo da vari lettori dei giudizi molto incoraggianti.  Alla fine partecipando ai concorsi letterari e ai loro risultati in maggior parte positivi mi hanno aiutato a continuare. Diciamo che all’inizio non partecipavo neppure alle premiazioni ma dopo ripetuti risultati ho iniziato a crederci.
Ora scrivere è per me un talento riscoperto e un “dovere” verso me stesso.


5.     Che effetto ha avuto e ha la scrittura sulla sua vita? La rende migliore o peggiore?

La scrittura mi ha dato la possibilità di conoscere persone a dir poco magnifiche che mi hanno spesso aiutato e indirizzato a una cerchia di gruppi legati alla letteratura dove ho imparato a migliorare con l’esperienza e organizzare incontri con il pubblico. Le occasioni che hanno maggiormente identificato la mia vita sono stati i premi che oltre a incontrare personaggi legati all’editoria e allo spettacolo, mi hanno dato la possibilità di visitare molte località che non avrei mai avuto l’occasione di conoscere.
Non saprei se la lettura abbia migliorato la mia vita, sicuramente non l’ha peggiorata moralmente, ma di certo non è migliorata finanziariamente! Purtroppo per noi esordienti di questo non si campa…

6.     Come percepisce lei l’esercizio letterario, cioè che ruolo ha la letteratura nel mondo moderno?

Suppongo che sia finita l’era dell’autore che si escludeva dal mondo per scrivere un lungo romanzo. Ora, grazie innanzitutto alle tecnologie come lo sono il PC e Internet, la possibilità di scrivere e farsi conoscere è stata molto potenziata. Sono cambiati i temi e i personaggi come sono cambiate le storie e i gusti letterari del pubblico.

7.     Se dovesse definire il suo stile con tre o quattro aggettivi, quali userebbe?

Realista, scorrevole, ironico e imprevedibile.


8.     Posso chiedere qual è il suo autore preferito? Qual è il suo ideale letterario?

Il mie autori preferiti sono Niccolò Ammaniti (dei tempi di “Ti prendo e ti porto via” e Sebastiano Vassalli per la loro concretezza nel saper narrare una storia uscendo spesso dagli schemi classici.
Il mio ideale se sottinteso come stile, sarebbe il biografico con storie legate al neorealismo moderno con tutti i vari problemi che ci affliggono, ma raccontati con un velo d’ironia.

9.     Come percepisce l’attuale scenario letterario italiano? Pensa che ci sia sufficiente attenzione agli esordienti?
Assolutamente no. Ogni giorno nel nostro paese nascono centinaia di nuovi autori. Alcuni nascono da editori che richiedono un contributo per pubblicare o addirittura col Self-publishing. Giornalisti e i media in generale, diffidano gli esordienti specialmente se pubblicano con case editrici minori. È la triste realtà che un esordiente deve conoscere, ma bisogna lottare per emergere e far conoscere il proprio lavoro.


10.                       Cosa si potrebbe fare per migliorare?
Un grosso aiuto per gli esordienti è stata la pubblicazione in formato Ebook. I vantaggi (in modo particolare per i piccoli editori), sono notevoli: si eliminano i costi di stampa, ma soprattutto ci si può avvalere di una distribuzione accessibile e ampia, cosa che per i libri cartacei risulta impossibile.  Per farvi un esempio, la distribuzione del mio romanzo nel formato tradizionale (cartaceo) ha subito delle grosse difficoltà a livelli legati alla distribuzione, ma lo scorso anno con la pubblicazione nel formato digitale, il romanzo ha persino raggiunto la classifica nei primi dieci posti delle maggiori piattaforme di vendita di romanzi in formato Ebook.

11.                       Ha nuovi progetti letterari in cantiere?
A giorni uscirà il mio nuovo romanzo, “Io non rispondo”, menzionato con diploma d’onore nel 2007 al Salone del Libro di Torino per il premio Il Camaleonte Città di Chieri. Un tempo in cui non credevo ancora ai successi e per la prima volta mi presentavo a una cerimonia di premiazione.

Intervista a Barbara Bolzan, finalista a Casa Sanremo Writers


1.    

            Lei è uno dei partecipanti al premio Casa Sanremo Writers, con quale opera ha partecipato? Come è nata l’idea di partecipare al concorso?
Ritenevo l’iniziativa promossa da Casa Sanremo Writers e dalla Qulture Edizioni estremamente interessante, anche perché veniva permesso di presentare opere edite in formato elettronico. Così, ho deciso di partecipare con “Requiem in re minore”, il mio terzo romanzo (pubblicato nel 2010 dalla Caputo Edizioni, proprio in formato e-book).


2.     Innanzitutto, se me lo concede le chiederei di dirci qualcosa su di lei, per conoscerla. Da dove viene, che fa nella vita …
Sono nata in provincia di Milano, e ormai sono arrivata al giro di boa dei trent’anni. Ho abbracciato la scrittura come professione ormai da un decennio, e da qualche anno tengo corsi di scrittura creativa nel licei (per le sezioni classiche e scientifiche). La mia “formazione artistica”, se così possiamo chiamarla, è nata invece sui palcoscenici teatrali. Da una forma d’arte all’altra…


3.     Ci può dire qualcosa della sua opera?
“Requiem” è stato un salto nel buio, la mia prima escursione nel territorio prima inesplorato del thriller.
È ambientato nel mondo del traffico delle opere d’arte e parte da un reale fatto di cronaca: il furto avvenuto nel 2004 quando, dal Munch-Museet di Oslo, furono sottratte una delle versioni dell’Urlo e la Madonna. Ho scelto di ambientarlo in città a me particolarmente care (oltre ad Oslo: Milano e Trieste). Dopo mesi di ricerche e numerosi viaggi nella capitale norvegese, ho creato una sorta di “invenzioni plausibili” che potessero colmare le lacune lasciate dagli investigatori al momento del ritrovamento dei dipinti. Una voluta ambiguità iniziale avvolge la mia protagonista e l’arte procede in parallelo con la musica classica, le cui note possono essere lette un po’ come la colonna sonora dell’intero romanzo.


4.     È molto che scrive? Da cosa è nata l’esigenza di scrivere?
Se possibile, a questa domanda preferirei non rispondere.


5.     Che effetto ha avuto e ha la scrittura sulla sua vita? La rende migliore o peggiore?
Montale considerava la scrittura come un surrogato della vita. Non sarei così estremista, ma sicuramente la letteratura sa come arricchire un’esistenza, ed è insieme aiuto e stimolo costante. È come un grande gioco fatto di fatica e sudore. È come un sogno ad occhi aperti, la realizzazione di un obiettivo. Il processo di scrittura ti permette di vivere non una, ma cento vite, di aggiustare ciò che c’è di rotto, di essere chi vorresti; ti concede escursioni stravaganti in posti altrimenti preclusi o proibiti. Io, per mia natura, cerco sempre di spaziare il più possibile, non amo sedimentarmi su un solo genere. Il primo libro, uscito con la prefazione del Ch.mo Professor Ezio Raimondi (dell’Accademia dei Lincei) trattava di un argomento medico. Il secondo, aveva un forte substrato filologico (mutuato dai miei studi e dalla mia passione per la Parola). “Requiem” è un giallo ambientato tra arte e musica.


6.     Come percepisce lei l’esercizio letterario, cioè che ruolo ha la letteratura nel mondo moderno?
Mi piacerebbe credere che la letteratura sia in grado di parlare all’orecchio della gente, di spalancare mondi e raddrizzare ciò che è storto. Purtroppo, non succede spesso. Ben venga allora considerarla come un intrattenimento intelligente, un modo per spegnere il frastuono della televisione e staccare la spina.


7.     Se dovesse definire il suo stile con tre o quattro aggettivi, quali userebbe?
Diretto. Sincero. Ingannevole. Duplice.


8.     Posso chiedere qual è il suo autore preferito? Qual è il suo ideale letterario?
Per anni ho adorato James Joyce e Jorge Luis Borges: hanno rappresentato la vera avanguardia, sono riusciti a spingere la Parola ai confini estremi del linguaggio, svuotandola e colorandola di nuovi significati. Si sono presi gioco della Storia e della Letteratura, lasciando ai critici l’arduo compito di capirci qualcosa… quando invece, probabilmente, alla base dei loro lavori c’è stato “solo” un immenso divertimento. Provo un amore viscerale anche per l’Umberto Eco autore de “Il pendolo di Foucault”. Adoro tutto ciò che riesce ad accendermi nell’animo una scintilla, anche se talvolta rischia di trasformarsi in un pericoloso falò di Sant’Antonio.


9.     Come percepisce l’attuale scenario letterario italiano? Pensa che ci sia sufficiente attenzione agli esordienti?
Gli esordienti appaiono sempre come gli scarti di un grande magazzino, voci deboli e autentiche, cani bastonati che rimangono in un vicolo a leccarsi le ferite e domandarsi quando mai potranno accedere al branco dei lupi. No, purtroppo non trovo che a noi esordienti venga riservata attenzione. Capisco perfettamente le leggi non scritte dell’editoria, che preferisce puntare sull’autore già noto, già pubblicato, così da andare sul sicuro. Questa, però, non è letteratura. È marketing. E raramente il marketin ha qualcosa a che fare con la letteratura. Negli altri Paesi esiste una realtà diversa. In Italia, siamo ancora ancorati al concetto base dell’economia. Non dico che sia sbagliato. Ammetto semplicemente di non condividere un simile modo di pensare.


10.                       Cosa si potrebbe fare per migliorare?
Vorrei che una casa editrice fosse tanto coraggiosa da assumersi qualche rischio. Nessuno di noi è il croco tra le margherite, siamo tutti il quadrifoglio nel campo sterminatp di trifoglio. La speranza di uscire dal coro, però, ovviamente è quella che anima ogni giorno la vita di un esordiente.


11.                       Ha nuovi progetti letterari in cantiere?
In seguito alle richieste dei lettori che si sono appassionati a “Requiem”, sto lavorando ora al seguito (ancora privo, al momento, di vincoli contrattuali). Gli uomini vorrebbero un libro d’azione, le donne puntano sulla storia d’amore. Ho appena concluso il lavoro iniziale di analisi e ricerca. Adesso, comincia la fase due, quando la semplice analisi diventa interpretazione e viene corretta dalla fantasia.
Nel cassetto, inoltre, ho una saga ambientata in un medioevo fantastico –scevro però di elementi magici-, alla quale sono molto attaccata. Il guaio di non fare stampare le proprie opere è che poi si passa la vita a rifarle. Spero di liberarmene presto. Chissà…

domenica 22 aprile 2012

Intervista a Luigi Pane, vincitore della sezione Racconti del concorso Casa Sanremo Writers




    Lei è uno dei partecipanti al premio Casa Sanremo Writers, con quale opera ha partecipato? Come è nata l’idea di partecipare al concorso?

Il racconto con cui ho partecipato al concorso si intitola "Respira" ed è una storia che ha come protagonista una famosa rockstar. Mi piaceva l'idea di partecipare a Casa Sanremo Writers con una storia che avesse questo tipo di personaggio, per ovvie affinità con l'atmosfera in cui si è svolta la rassegna.

        Innanzitutto, se me lo concede le chiederei di dirci qualcosa su di lei,  per conoscerla. Da dove viene, che fa nella vita …

Sono Luigi Pane e sono nato trentun anni fa a Sorrento, che è un posto magico, quasi incantato, che ti lega a sè profondamente. Non a caso si dice fosse il luogo dove anticamente le sirene ammaliavano i marinai con il loro canto impedendogli di proseguire il proprio viaggio, facendo dimenticare loro di avere un'altra meta, come se fossero quelle le ultime coste dove approdare.  Forse parte di quella magia è ancora disseminata tra quelle rive. Io all'età di 18 anni ho creduto giusto però lasciare la mia bella riviera per la Capitale, dove ho cercato di inseguire i miei sogni. In parte ci sono riuscito. Mi sono laureato in Storia del Cinema ed ho lavorato come assistente alla regia per il cinema ed importanti fiction televisive, per poi passare dal set alla scrittura che è il . Attualmente scrivo per Un posto al Sole, ma all'occorrenza vivo ancora il set dove curo delle regie mie. Ho infatti appena terminato le riprese di un videoclip.

                 Ci può dire qualcosa della sua opera?

"Respira" nasce grazie alla rivista "fattitaliani" che mi ha dato l'opportunità di scrivere per la sua rubrica "Canzonando, uno scrittore, una canzone"; da un incipit creato dalla frase di una canzone celebre si scrive una storia. A me è capitata "La donna Cannone" di Francesco de Gregori, che guarda caso è uno dei miei autori preferiti.
Si parla del potere della musica, quello vero, che spesso viene schiacciato e viziato dalle leggi del mercato, di sogni, di speranze, di come sia difficile trovare il proprio posto in questo mondo frenetico e moderno, di come sia complesso oggi far arrivare agli ascoltatori il proprio messaggio, la propria voce al di fuori dei filtri di internet, tv, cellulari e quant'altro.  Tutti mezzi che dovevano ampliare la comunicazione, renderla libera e renderci liberi, innalzare il nostro livello culturale.  Ma, questo è un mio modesto parere, non è andata del tutto così.

                 È molto che scrive? Da cosa è nata l’esigenza di scrivere?

Sinceramente  non so rispondere a questa domanda. E' come se mi si dicesse, perché hai sete? Ho sete perché devo bere per sopravvivere. E' un istinto primordiale alla sopravvivenza.
Prendo in prestito le risposte di due grandi autori a cui è stata fatta la medesima domanda e che hanno saputo essere più pronti e riflessivi di me:
PAULO COELHO: scrivo per essere amato.
FABRIZIO DE ANDRE': scrivo per paura che si perda il ricordo di me o delle persone di cui scrivo. O anche solo per essere protetto da una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile…

                 Che effetto ha avuto e ha la scrittura sulla sua vita? La rende migliore o peggiore?

Mi auguro la renda migliore. Ma sinceramente è una cosa che non mi interessa. Spero solo di poter continuare a scrivere e magari riuscire a dare un pizzico di emozione a chi capita di leggere qualcosa di mio. Sarebbe davvero il massimo.

                 Come percepisce lei l’esercizio letterario, cioè che ruolo ha la letteratura nel mondo moderno?

La letteratura in sè ha un potere enorme. Accresce il pensiero, stimola le idee, monta e smonta punti di vista. Come canta Vecchioni "conosco poeti che spostano i fiumi con il pensiero". Non è solo creando jet sempre più sofisticati o connessioni di rete sempre più rapide che l'uomo e la sua mente possono correre più veloce.

                 Se dovesse definire il suo stile con tre o quattro aggettivi, quali userebbe?

Non ne ho la minima idea. 


                 Posso chiedere qual è il suo autore preferito? Qual è il suo ideale letterario?

Non ho un autore preferito nè credo di avere un ideale letterario.  Ci sono però molti scrittori che ritengo aver fondamentalmente contribuito a mostrarmi una direzione nella vita che ho amato percorrere, che mi hanno fatto notare che esiste un sentiero diverso, nascosto nel caos della strada principale.  Tra di essi, senza dubbio Paul Auster, Stephen King, Eugenio Montale.

                 Come percepisce l’attuale scenario letterario italiano? Pensa che ci sia sufficiente attenzione agli esordienti?

Lo scenario letterario, come quello cinematografico e in generale artistico italiano, è assolutamente carente e spoglio, e questo non di certo per mancanza di talenti ma per mancanza di industrie e uomini che investono e credono nella Cultura. Non ci sono più i Feltrinelli di una volta, che pubblicavano Pasternak fregandosene del rischio di liberarlo dai confini oppressivi della Russia comunista, o i produttori come Franco Cristaldi e Antonio Cervi che davano l'opportunità a giovani e talentuosi ragazzi come Tornatore e Bertolucci di esordire dietro una macchina da presa.


                 Cosa si potrebbe fare per migliorare?

Capire che la Cultura non è un optional altamente trascurabile, ma vera forza propulsiva dell'essere umano. Se ciò continuerà a non essere, o a non voler essere capito, sarà questa per noi la più grave causa di recessione, ancor più della crisi economica.

                 Ha nuovi progetti letterari in cantiere?

Alcuni nel cantiere, moltissimi nella mente.

Intervista a Stefano Santarsiere, vincitore del premio Casa Sanremo Writers



1.     Lei è uno dei partecipanti al premio Casa Sanremo Writers, con quale opera ha partecipato? Come è nata l’idea di partecipare al concorso?

Ho presentato il romanzo ‘Ultimi quaranta secondi della storia del mondo’, un thriller ambientato nei piccoli paesi della Basilicata. Sono venuto a conoscenza del concorso grazie alla rete, come gran parte delle opportunità offerte oggi agli scrittori. Credo che se all’improvviso internet scomparisse, probabilmente la seguirei nell’oblio.

2.     Innanzitutto, se me lo concede le chiederei di dirci qualcosa su di lei, per conoscerla. Da dove viene, che fa nella vita …

Sono un trentasettenne di origine lucana, vivo a Bologna dal 1993 e lavoro all’Università. Sono un patito di storie, soprattutto quelle che offrono suspence e misteri. Mi piacerebbe vivere in un romanzo di Dickens, o in un racconto di Bradbury, tipo quelli di ‘Paese d’ottobre’. Ma più spesso finisco ne l’Ulisse di Joyce e mi tocca l’odissea del quotidiano. Come a chiunque di noi.  

3.     Ci può dire qualcosa della sua opera?

La storia inizia con l’omicidio di un prete e finisce con la rivelazione di un segreto ancestrale, legato all’origine stessa dell’uomo. In mezzo, un intrigo che coinvolge diversi personaggi, il loro passato, le loro scelte attuali e future. Il tutto sullo sfondo di una Val d’Agri assolata e misteriosa, dominata dall’icona di un’antica Madonna nera.


4.     È molto che scrive? Da cosa è nata l’esigenza di scrivere?

Scrivo piuttosto regolarmente da quando avevo 16 anni e mi piacerebbe farlo a lungo.  Ho pubblicato un altro romanzo (L’arte di Khem, edizioni Pendragon e successivamente EEE) e racconti in varie antologie collettive. Credo che la scrittura derivi dalla necessità di dare ordine alla nostra vicenda personale, di attribuirle un senso, e dalla proiezione di questo desiderio sul creare e dare senso ai personaggi dei nostri libri. Per il resto, posso aggiungere che sono sempre stato attratto dai meccanismi del racconto, e dal segreto per ancorare un ascoltatore (o un lettore) alla propria immaginazione. Sentirsi raccontare una storia è un piacere irresistibile, che scopriamo fin da bambini, ed è secondo solo al piacere di raccontarla a propria volta.


5.     Che effetto ha avuto e ha la scrittura sulla sua vita? La rende migliore o peggiore?

La scrittura occupa una parte importante delle mie giornate. Non so se le rende migliori o peggiori, a me piace molto e la pratico per questo. Probabilmente lo scrivere ha effetti sulla nostra immaginazione, spinge a una certa curiosità, a interessarsi di mille argomenti legati a ciò che si scrive. Ieri, ad esempio, ero impegnato a descrivere un personaggio femminile e ho speso mezzora a cercare informazioni sui fermagli per capelli utilizzati nell’antica Grecia. Presentare un libro pubblicato offre l’opportunità di conoscere posti e persone che altrimenti non vedresti mai. Magari ti capita di andare a Sanremo perché vinci un concorso…
Questo aspetto dell’attività è molto interessante.  

6.     Come percepisce lei l’esercizio letterario, cioè che ruolo ha la letteratura nel mondo moderno?

Credo non sia così diverso da uno o due secoli fa. La letteratura sopravvivrà a qualsiasi rivoluzione, semplicemente adattandosi. Qualche giorno fa leggevo un articolo di Alan Jacobs su come l’avvento degli ebook non stia cancellando i libri, semplicemente li costringa a mutare pelle, a conformarsi agli stimoli che il nuovo mezzo produce: per esempio portando cambiamenti nello stile o nelle strategie narrative e nell’impostazione di trame e romanzi. Nell’ottocento, all’epoca dei romanzi d’appendice, il problema era quello di spingere il lettore ad acquistare il successivo numero del quotidiano che pubblicava le puntate, per sapere come proseguiva la storia. Oggi molti narratori stanno riflettendo su come ingaggiare l'attenzione del lettore nel primo 10% del testo, cioè la porzione che si scarica gratis e che influenzerà la decisione di acquisto. Questo per dire che il bisogno innato di leggere storie non verrà compromesso dal progresso tecnologico, e la lettura di libri sarà comunque lo strumento privilegiato per far fronte a questo bisogno. Semplicemente cambierà, si adatterà al mezzo che ne accompagnerà di volta in volta il cammino.

7.     Se dovesse definire il suo stile con tre o quattro aggettivi, quali userebbe?

Posso usare anche un avverbio? Essenziale, talvolta ricercato.

8.     Posso chiedere qual è il suo autore preferito? Qual è il suo ideale letterario?

Involontariamente ne ho già citati due o tre. Direi che la forza narrativa di Charles Dickens e l’immaginazione poetica (e spesso inquieta) di Bradbury sono all’incirca i miei ideali. E data la grandezza dei due, mi verrebbe da aggiungere Povero me!
Perché è impossibile eguagliarli.

9.     Come percepisce l’attuale scenario letterario italiano? Pensa che ci sia sufficiente attenzione agli esordienti?

A fronte di una difficoltà generalizzata a comprare e leggere libri, forse dovuta anche alla crisi economica, ci sono molti nuovi e interessanti scrittori in giro. Alcuni forse sopravvalutati, ma nel complesso ho la sensazione che gli esordienti trovino più opportunità che in passato. Spero di non essere troppo ottimista nel dire che se le case editrici ritroveranno il gusto del talent scouting e di scommettere proprio sugli esordienti, sulla loro energia, senza abbandonarli a loro stessi ma aiutandoli a crescere come scrittori, proprio un momento come questo può rivelarsi occasione di rinnovamento per l’intero settore.

10.                       Cosa si potrebbe fare per migliorare?

Non farsi prendere dalla fretta. Le case editrici devono cogliere il talento e scommetterci, lentamente, con passione. E’ un lavoro difficile – perché più spesso che no il talento si presenta in forma grezza; è come un vestito in stoffa pregiata ma con troppi fronzoli, e quindi va disciplinato - ma è il loro lavoro, che esse stesse hanno scelto. Tanto più che c’è l’inedita possibilità di contenere i rischi. Il libro di un esordiente può uscire anche solo in ebook, si possono controllare i riscontri nei concorsi letterari, le recensioni, le vendite, e vedere se l’autore piace senza rischiare pile di carta da spedire al macero.  Poi, se hanno la fortuna di imbattersi in un’opera prima della qualità di Radiguet, magari può essere il caso di investirci su qualche soldo…

11.                       Ha nuovi progetti letterari in cantiere?

Sto scrivendo un nuovo romanzo, spero di concludere la prima stesura entro l’inizio dell’estate.