martedì 6 maggio 2014

ROBERTO BERRUTI, IL NEW BEAT ITALIANO.



Vi proponiamo l'intervista rilasciata alla redazione di Parole Letterarie da uno dei maggiori esponenti della poesia new-beat italiana, Roberto Berruti.



1.       La sua raccolta poetica LUCIDA FOLLIA è la prima opera che pubblica, ma sappiamo che scrive poesie da molti anni… Vuole raccontarci come nasce e si sviluppa il suo rapporto con la letteratura?

Ho iniziato a scrivere negli anni già nella forma della poesia breve o della lettera d’amore, catturato nel facile e consueto schema dell’adulazione del femminile, quindi per attirare l’attenzione. Il distacco che ne seguì dallo scrivere fu direttamente proporzionale alle disillusioni sperimentate ma non comprese. Tornai a scrivere un breve romanzo rimasto inedito sul tema della “fuga dalla realtà” ma con la novità di un barlume di attenzione a me stesso. Ma ero solo all’estremo opposto dell’oscillazione del “pendolo” .
Ora la scrittura è la tecnica di meditazione che più amo.
Scrivere, affidare alla carta, come una forma di catarsi liberatoria, emozioni, sentimenti, osservazioni e questo mezzo si è sempre rilevato efficace per oggettivizzare al di là della mente sensibilità anche sottili che diversamente sfocerebbero in nuvole di pensieri.
A rendere più naturale questo approccio ha contribuito anche la mia ricerca interiore che prosegue costante e trova nella espressione poetica la sua forma artistica.

2.       Perché l’opera si intitola proprio Lucida Follia?
La società ci ha insegnato a considerare la follia, e la sua manifestazione estrema della pazzia, come un comportamento che infrange tutte le regole del buonsenso, dell’educazione, del rispetto per se e per gli altri e che si indirizza in senso distruttivo o autodistruttivo.
Ciò è molto assonante con il fatto che l’individuo non debba dare fastidio al coro collettivo che si manifesta soprattutto nell’era contemporanea con un robotizzata propensione al profitto o comunque ad un attività che metta ognuno nella necessità di muoversi sempre con una meta, uno scopo, stando anche zitti e buoni mentre si attraversano le difficoltà quotidiane.
Ciò sedimenta una rabbia alla quale ci si abitua al punto che sono molte , troppe, le persone che ne negano addirittura l’esistenza dentro di loro, salvo poi notare come possono reagire di fronte ad una precedenza negata ad un incrocio stradale.
La mente ci attira verso la trasgressione per poi ammonirci sulle conseguenze, colpevolizzandoci in modo da farci rientrare al più presto nei consueti costumi.
Per questo motivo, ad esempio, esistono i club privèe, la prostituzione, il tifo calcistico esasperato…
Consapevole che la follia risiede invece, ad esempio, nel comportarci non piu come esseri senzienti ma come canovacci teatrali automatici in scena su palcoscenici di cemento, la pratica consapevole della follia consiste nel coltivare dentro di me l’essere non identificato con le attività robotizzate, le reazioni automatiche ed osservare la mente come lavora , se lasciata galoppare, a favore delle mie paure.
La lucida follia di coltivare e realizzare azioni che varcano i confini dei ruoli pirandelliani.
Mi piace questa dimensione dell’essere, la pratico di continuo, dal semplice respiro al lavoro quotidiano sulla piazza del mercato, dalla rabbia al sesso, dalla nostalgia al dolore, e per questo ne ho fatto il titolo della raccolta.


3.       Ci sono degli autori o dei personaggi a cui la sua poesia si ispira?
Mi piace dire la verità e la verità è che non ho modelli di stile, per me la poesia è l’espressione più viva del mio proprio privatissimo modo di percepire la realtà, la mia essenza. I Maestri che ho incontrato e che mi stanno accompagnando nel viaggio tormentato dentro le mie contraddizioni mi hanno insegnato a non giudicarmi, ad amare gioie e dolori, facendomi sperimentare però che il dolore è un eccezionale veicolo di ricerca spirituale. Per cui ecco che da sempre ho seguito e ammirato Pasolini e il suo scavare dentro se e dentro gli anfratti più improbabili per cogliere lumi di umanità irrinunciabili. Ecco Alda Merini e la sua pazzia consapevole, il dolore di essere, lo stile secco asciutto, ecco Pavese che testimonia fino al suicidio la difficoltà del mestiere di vivere, ecco Leopardi e il suo romanticismo.
Anime salve, cuori aperti a rischio di restarci sotto, esseri senza pelle di protezione, lumachine senza guscio, ingenui e delicati sui quali l’Esistenza ha portato tempeste ma anche la capacità di gioire per un nulla…
E la stessa follia lucida l ho trovata in Urlo di Ginsberg, consapevole di essere libero dentro…
Un attenzione particolare al vecchio Guevara che col fucile in mano invitava a non smarrire mai la tenerezza…

4.       Uno dei temi che colpisce nel suo mondo poetico è certamente quello erotico, che domina molti dei suoi componimenti. Ma lo affronta in modo singolare... Ce ne vuole parlare?

Prima di tutto intendiamoci sui confini del tema. L’Eros e non il Sesso: due zone di azione molto vicine ma con sfumature diverse. Capacità erotica, capacità di esprimere sensualità, essere attrattivi possono esprimersi senza atti sessuali, addirittura senza nemmeno toccarsi, mentre il sesso come viene rappresentato ha bisogno di mostrare se stesso, di dimostrare potenza, materia…
L’erotismo è materia raffinata, diverso dal sesso inteso come desiderio materiale compulsivo che affolla la mente e il’immaginario individuale e collettivo come mezzo di affermazione del sé.
A parole tutti i maschi sono come Siffredi e tutte le femmine come Moana, poi quando capita di andarci a letto (o dove accada il sesso) se ne scoprono le realtà e di quei difetti soprattutto ci si innamora, e qui iniziano i guai, perché falling in love si può cadere in illusioni e proiezioni di ogni genere, con conseguenti delusioni e depressioni.
E le storie si ripetono sempre uguali.
Il mio erotismo è “respirato”, cioè consapevole ma non per questo legato a schemi e limitato.
Osservarsi, osservarmi dall’esterno, ci ho sempre giocato con questa cosa fin da ragazzo, quando accade esiste, poi non esiste più, un po’ come una festa estiva in piazza.
E con ciò mi interessa non tanto descrivere ciò che accade fuori, piuttosto ciò che accade mentre quel “fuori”, la marionetta di carne, agisce.
Non c’è un modo di fare sesso che mi piace più di altri; è tutta una variante dello stesso gioco.
Le costrizioni mentali della nostra società malata, da un lato di sessuomania dall’altro di sessuofobia, producono paure in contraddizione tra loro stesse: paura di essere asessuati e quindi per reazione cercare sesso in ogni modo, paura di essere troppo sessici e quindi rifuggirlo come se fosse più divertente fare la spesa .
Scegliere, creare un gioco sessuale e condurlo condividendolo fino in fondo, questo mi piace scrivere in poesia, assumermi la responsabilità di condurre o di essere condotto o di scegliere insieme le fantasie più adatte.
E se si legge bene, i giochi di cui parlo non hanno soggetti solo attivi e altri solo passivi: i ruoli si intercambiano anche più volte perché è così che si fa se si vuole giocare bene.
E l’amore profondo è lo scenario dove tutto ciò può accadere al meglio, amore profondo per se stessi e condiviso senza condizioni con chi con un sorriso complice ci dice che non esiste alcun altro posto o persona dove potersi esprimere con libertà.
Il mio erotismo persegue una libertà interiore dagli schemi relazionali e dalla paura di essere.

5.       La sua è anche un poesia della ricerca interiore, e questo è un altro tema dominante della raccolta. Che tipo di spiritualità trova il lettore nella sua opera?

La rivoluzione interiore consiste nel cambio di punto di vista dal quale osservare le cose. Le religioni tradizionali propongono da millenni un approccio basato sulla fede: credere in una versione della realtà senza alcuna possibilità di discussione. E’ ancora così, ancora oggi, e milioni di persone non si accorgono di quanto rinuncino a tante potenzialità per cogliere ciò che è sotto gli occhi, davanti agli occhi…la coscienza delle cose di cui è capace l’essere umano trova nelle verità apodittiche una enorme limitazione. Potrei definire laicismo il mio punto di vista, ma non amo gli “ismi”, sono sempre sinonimo di eccesso.
C’è indubbiamente qualcosa di incorporeo nell’essere umano che fa girar la testa, vertigine che induce a trovare rifugio nelle credenze che danno l’illusione della sicurezza e il calmante della apparente tranquillità. Tutto ciò per non correre rischi…e così si finisce per correre un rischio ancora più grande cioè sprecare la vita ad avere paura di vivere.
Amo gli insegnamenti di personaggi come Eckart Tolle o Osho che, suggerendo di portare l’attenzione innanzitutto al respiro, indicano una strada efficace per uscire dai deliri della mente quando identifica l’essenza della vita, che non si percepisce più, con le vicende materiali e condurre a pericolose derive di disistima distruttiva.
Sperimentare. Questo l’invito rivolto dai Maestri, da sempre, anche da Gesù il Cristo, la sua parola tramandata ormai da millenni attraverso molteplici interpolazioni ha un’origine che possiamo ritrovare nel fondo di noi stessi: ama il prossimo tuo come te stesso, un versetto che è stato letto a senso unico, tralasciando la seconda parte che è il presupposto della prima, non il contrario. Insegna che in realtà siamo tutti “uno”, particelle di un unico universo, l’altro è il nostro “io” riflesso.
Sperimentare direttamente su di se, senza paura, affrontando la paura della vertigine, ricreare da zero la propria vita, anche sul piano materiale, dar quindi corpo ai sogni è il gioco della vita.
Se lo si inizia ci si appassiona, ma per iniziarlo bisogna accettarsi per ciò che si è: siamo fatti di gioia e amore, ma anche di rabbia pazzesca, di pigrizia e di iperattività, bestemmiamo o invochiamo, e le nostre povertà sono sempre presenti come le ricchezze. L’apparenza reddituale ci porta fuori centro in questo mondo ormai globalizzato dal capitalismo del profitto.
Ci sono delle tecniche per entrare in contatto con noi stessi: adatte a tutti, sono assai semplici ed efficaci, ma richiedono una determinazione molto forte: chi è curioso le incontra, gli altri continueranno a lamentarsi senza alcuna consapevolezza fino alla morte fisica.
Gurdjeff ci ha lasciato un suo pensiero che voglio ricordare: inutile sprecare parole per chi non vuole aprirsi alla comprensione, con questo tipo di persone è meglio tacere….

6.       Ha nuovi progetti letterari in cantiere?

Sto lavorando da tempo ad un testo che esplora in modo inedito il tema della sessualità maschile. Non voglio anticipare nulla, mi limito a precisare che è tempo di finirla con la retorica del desiderio per dedicarsi a prendere atto di realtà che, proprio perché non approfondite, diventano miti dai quali è impossibile liberarsi. Riguarda tutti, anche le donne naturalmente, ma il mio progetto vuole abbattere il muro di omertà che c’è sulla sessualità maschile e rivolgermi in primo luogo proprio ai maschi.
Inoltre, a parte la nuova produzione poetica che non si ferma mai e che come al solito va ad ondate, sto lavorando ad un altro progetto basato sulla costituzione di un gruppo di lavoro per lo sviluppo delle capacità espressive soprattutto di chi abbia contattato la propria parte creativa anche una sola volta nella vita, perché l’arte è propria dell’essenza umana, non è prerogativa né degli artisti battezzati dai critici né dai falsi miti effimeri creati dal mercato.
L’arte è prerogativa umana e quando un essere umano contatta la propria parte opiùprofonda e riesce ad esprimerla fa arte e a quel punto gli serve solo di trovare e praticare la tecnica che più gli si addice.
Il gruppo è importante per sostenere la ricerca individuale, non per condizionare quindi ma per liberare.
Perché la libertà conduce alla scoperta dell’Amore, che è la dimensione in cui l’essere umano può esprimersi davvero. Se invece si pretende di fare il percorso contrario, si finisce in un vicolo cieco…




domenica 13 aprile 2014

IGOR LUKSIC, IL MINISTRO POETA



Martedì 15 aprile viene presentato a Roma “Il libro della Paura”, l’opera poetica di Igor Lukšić.
Lukšić è poeta montenegrino e ricopre oggi la carica di Ministro degli Esteri del Montenegro. Il libro rivela proprio il contrasto la l’uomo pubblico e il poeta, che cerca l’autenticità più profonda, tra un’esteriorità ineludibile e un’interiorità profondissima.
Il poeta va alla fonte della paura, in quel conflitto tra sé e il mondo e lo fa attraverso un dialogo costante con la parte oscura di sé. Una conversazione che dura 7 giorni, durante i quali vengono affrontati i fondamenti dell'esistenza.
Igor Lukšić, classe 1976, è stato Primo Ministro del governo del Montenegro dal 2010 e al momento dell'elezione era il più giovane primo ministro del mondo. È laureato in Economia all'Università di Podgorica, ha conseguito un dottorato in Economia e, a soli ventisette anni, è stato Consigliere del Ministro delle Relazioni Pubbliche, Vice Ministro degli Affari Esteri e Ministro delle Finanze.
“Il libro della Paura” è la seconda esperienza di Lukšić scrittore, il suo primo libro intitolato “Il libro del Sorriso” è stato pubblicato nel 2011.
La presentazione si svolge presso “Pagine e Caffè” in via Gallia 37, Roma, alle ore 18.30. Il libro verrà presentato dal poeta Roberto Berruti e sarà presente l’Autore. Interverranno illustri ospiti.


lunedì 9 dicembre 2013

CONCORSO "ROMA WRITERS"




Il Premio “Roma Writers” è il premio letterario dedicato alle migliori esperienze della letteratura italiana contemporanea. “Roma Writers” vuole mettere l’accento sugli stili e i registri più raffinati con cui si esprime la nostra letteratura e che, spesso, ancora non sono stati intercettati la cultura dominante.
Si vuol dare uno spazio a poeti, narratori e romanzieri contemporanei, affinché, inviando le loro opere e partecipando alle manifestazioni letterarie connesse al premio, possano esprimere il loro mondo letterario e, con esso, una prospettiva nuova sulla società e la cultura italiana.
I 15 finalisti, 5 per ogni categoria, parteciperanno alla serata di gala, che si svolgerà sabato 1 marzo a Roma, per presentare le proprie opere. Durante la serata verranno premiati i vincitori delle tre categorie e verrà conferito il premio “Roma Writers”.    


REGOLAMENTO


Art. 1 IL CONCORSO
E’ indetto il concorso letterario “Roma Writers” 2014.

Art. 2 PARTECIPANTI e SEZIONI
I partecipanti devono essere scrittori di nazionalità italiana e possono presentare opere edite o inedite scritte in lingua italiana.
Le opere devono essere iscritte ad una delle seguenti sezioni:
Sezione 1. ROMANZO
In questa sezione vengono accolti romanzi editi o inediti a tema libero.
Sezione 2. RACCONTO BREVE
In questa sezione vengono accolti racconti editi o inediti a tema libero dalla dimensione minima di 2 cartelle a quella massima di 10 cartelle.
Sezione 3. POESIA
In questa sezione vengono accolti componimenti poetici editi o inediti a tema libero.

Le opere che non hanno i requisiti per rientrare in una delle categorie sopraelencate, verranno escluse su decisione insindacabile della Giuria.   


Art. 3 INVIO MANOSCRITTI E SCADENZA
I manoscritti vanno inviati esclusivamente in versione digitale, in formato word o pdf, all’indirizzo:
Ai fini dell’ammissione è necessario inserire in oggetto la seguente dicitura: PARTECIPAZIONE ROMA WRITERS.
Nel corpo della mail di devono specificare i seguenti dati:
TITOLO DELL’OPERA, SEZIONE A CUI SI INTENDE PARTECIPARE, NOME, COGNOME, INDIRIZZO, RECAPITO TELEFONICO.
È necessario allegare la scansione dell’attestato di pagamento della quota d’iscrizione.
I manoscritti devono pervenire entro e non oltre il 23 febbraio 2014.


Art. 4 QUOTA DI PARTECIPAZIONE
La quota di partecipazione è di 20€ per ogni sezione per ciascuna opera presentata (nel caso delle poesie una quota permette di inviare fino a 5 componimenti).
La quota serve per coprire le spese di segreteria e amministrative relative al concorso.
Contestualmente all’invio del manoscritto deve esser inviata scansione del versamento della quota d’iscrizione, recante la causa ISCRIZIONE CONCORSO ROMA WRITERS, intestato a:
QULTURE EDIZIONI di Pierpaolo Grezzi
IBAN:  IT 43 E 05696 03205 000007838X79
presso BANCA POPOLARE DI SONDRIO
AGENZIA N. 5 - ROMA

Art. 5 LA GIURIA
La Giuria designata dalla redazione di Qulture Edizioni esaminerà e valuterà i testi ricevuti, al fine di individuale le quindici opere che andranno a Roma per le selezioni finali. Tra i quindici finalisti verranno scelte le tre opere vincitrici delle sezioni ROMANZO, RACCONTO, POESIA. Tra queste tre verrà poi scelta l’opera vincitrice del premio ROMA WRITERS. La Giuria si riserva, inoltre, di attribuire una o più segnalazioni speciali, riservate ad opere ritenute particolarmente meritevoli. 
Il giudizio della Giuria è insindacabile.

Art. 6 I PREMI
Le migliori 15 opere verranno segnalate per le selezioni finali di Roma, che si svolgeranno all’interno della Rassegna Letteraria  Roma Qultura, presso l’esclusivo salotto culturale “The Apartment” di Roma ,.
Ognuno dei 15 finalisti parteciperà all’eventi letterario in programma, presentando la propria opera.
Ciascuno di essi vincerà quindi la possibilità di presentare il suo lavoro alla stampa, agli editori, ai critici, agli artisti e agli appassionati presenti.
Oltre alla presenza all’interno della rassegna, ad ogni finalista  verrà riservata un’intervista per PAROLE LETTERARIE (www.paroleterrararie.blogspot.com) e una recensione su LIBRI DI LETTERATI (www.libridiletterati.wordpress.com).
Tra i 15 finalisti verrà selezionato il vincitore.
In caso di opera inedita, il PRIMO PREMIO consiste:
-          in un contratto d’esclusiva con la casa editrice Qulture Edizioni, per la pubblicazione, distribuzione e promozione della propria opera;

-          nella partecipazione alla serata finale di “Roma Writers”. 
In caso di opera edita, il PRIMO PREMIO consiste:
-          nella realizzazione e la diffusione di contenuti multimediali per la promozione del libro:
·         Ufficio stampa;
·         Una video-intervista all’autore;
·         Una presentazione a Roma.

-          nella partecipazione alla serata finale di Roma Writers. 

Art. 7 NOTIFICA DEI RISULTATI
L’elenco dei 10 segnalati verrà pubblicato sul sito di Qulture Edizioni (www.qulture.it) e sul Blog di ROMA WRITERS (www.sanremowriters.blogspot.com) entro sabato 22 febbraio 2012. I segnalati riceveranno comunicazione, con relativa motivazione, all’indirizzo e-mail fornito nella scheda d’iscrizione.
Il nome del vincitore del Primo Premio sarà comunicato entro le ore 17.00 del mercoledì precedente l’inizio del Festival di Sanremo, attraverso una comunicazione diretta all’interessato e, via mail, ai segnalati.

Art. 8 TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
Con l’iscrizione al concorso Casa Sanremo Writers, i partecipanti autorizzano gli organizzatori ad utilizzare i propri dati personali per gli scopi relativi alla valutazione e alla diffusione delle opere letterarie presentate.
L’uso delle informazioni private avverrà ai sensi della legge 675/96 sulla tutela dei dati personali.


lunedì 4 novembre 2013

GIORGIO ALBERTAZZI IN "LEZIONI AMERICANE" DI CALVINO



Uno straordinario Giorgio Albertazzi porta in scena le "Lezioni americane" di Italo Calvino, al Teatro Ghione. Si tratta di un vero e proprio viaggio nei meandri della letteratura, in cui Albertazzi - nei panni di un Calvino moderno - interpreta Dannunzio, Dante, Sheakspeare, e altri grandi della letteratura.

Le lezioni americane sono delle conferenze scritte nel 1985 da Calvino per le 'Charles Eliot Norton Poetry Lectures' della Harvard University. L'invito fu un vero e proprio evento: Calvino sarebbe stato il primo italiano a tenere quelle conferenze che avevano già avuto come protagonisti le più grandi personalità della letteratura mondiale: T.S.Eliot, Stravinsky, Borges, Northrop Frye, Octavio Paz. Sfortunatamente lo scrittore morì qualche mese prima della partenza per l'America e le Lezioni restarono allo stato di manoscritto.
Alcuni anni dopo, sua moglie, Ester Calvino, le fece pubblicare sotto il titolo di 'Lezioni americane - Six memos for the next millenium' (sei proposte per il prossimo millennio). In realtà le lezioni sono cinque, ma Calvino doveva scrivere in America la sesta, della quale conosciamo solo il titolo: 'Consistenza'. "Vorrei dedicare le mie conferenze a certi valori, a certe qualità, o certe specificità della letteratura che mi sono particolarmente care, cercando di inserirle nella prospettiva del prossimo millennio", dichiarava Calvino nella sua introduzione. La Leggerezza, la Rapidità, L'Esattezza, la Visibilità, la Molteplicità; cinque valori da approfondire da un punto di vista letterario certo, ma anche come elementi del nostro vivere quotidiano.

INTERVISTA A LUIGI PANE





Innanzitutto complimenti per il riconoscimento al premio ProArte di New York. Sei appena rientrato dalla Grande Mela, ci vuoi raccontare qualcosa di questa esperienza?

Sarò banale, ma altre parole non trovo se non dire che è stata un’esperienza di un’emozione grandissima ed indimenticabile. Mentre ero in areo diretto verso l’America o mentre respiravo l’atmosfera delle strade di New York, pensavo spesso tra me e me e mi dicevo con incredulità, “Cavolo, sto andando, sono qui, per ricevere un riconoscimento per il mio lavoro letterario”! Mi sono sentito un po’ come i miei eroi della letteratura e del cinema, ed è stata una sensazione unica. E poi la cerimonia di premiazione all’Ambasciata Italiana con il Console Natalia Quintavalle, o la mattinata in cui sono stato invitato a sfilare alla parata del Columbus Day, riscoprendo un orgoglio nazionale che qui in patria è decisamente sopito ed affievolito… insomma, una centrifuga di emozioni dalla quale ancora non mi sono ripreso del tutto! Ringrazio Michele Centorrino, il Forum Nazionale dei Giovani, e tutto lo staff del premio ProArte che hanno creduto in me e mi hanno conferito questo importantissimo riconoscimento, oltre a permettere al mio libro di varcare l’Oceano.

Il tuo romanzo "Ombre" è uscito da pochissimo e già è stato premiato. Che tipo romanzo è? Di che parla?

È un noir sulla scrittura, che parla dello scrivere, o del non scrivere. Lucio Spanna è un romanziere famoso che non si trova più a suo agio in un mondo dove la scrittura conta sempre meno, dove le persone non leggono quasi più e scrivono ancora più raramente, se non nei linguaggi sgrammaticati degli sms o di WhatsApp, dove il linguaggio è destrutturato, ridotto a semplice e sgangherato mezzo di comunicazione e si avvicina sempre di più ad un protolinguaggio primitivo che alla nostra bellissima ed illustre madrelingua.
In questo desolante contesto, il nostro protagonista cerca di resistere come può, rintanandosi sempre di più dietro la trincea del suo mestiere, quello dello scrittore, forse l’unica cosa che sa fare davvero bene nella sua vita e che per tanto tempo lo ha fatto sentire come una sorta di privilegiato dalla vita. Ma adesso, in questa realtà odierna che lui vive come una vera e propria battaglia, tutto sembra sfuggirgli di mano e divenire incontrollabile, quasi una minaccia; l’amore, l’amicizia, persino il protagonista del suo ultimo romanzo.

Quanto ti assomiglia Lucio Spanna, il protagonista del tuo romanzo?

Per quanto mi riguarda poco e niente. Ma chi mi conosce e ha letto il libro si è divertito a farmi notare tante piccole cose del protagonista che rispecchiano me. Forse hanno ragione, forse no. Magari qualche piccolo “autobiografismo” mi è involontariamente scappato, ma di sicuro non l’ho fatto apposta. Mentre scrivevo di Lucio Spanna non pensavo minimamente a me stesso.

Posso dirti che ci sono molte persone che desidererebbero vivere di scrittura come te... Sei scrittore, sceneggiatore... Vuoi dirci come è nata questa passione?

Non lo so, è nata così, spontanea, senza essere stata piantata… quello che posso dire è che è molto difficile coltivarla e ancora di più farla crescere. L’aria che ha intorno è decisamente non adatta a lei in questo preciso momento storico. Io personalmente per vivere di scrittura faccio una serie di rinunce e sacrifici quotidiani che ho molta paura mi peseranno poi negli anni a venire. Ma non ci posso fare niente. Come scriveva Montale “nulla so rimpiangere”. E per giunta non riesco ad arrendermi.

Come concili la scrittura dei tuoi romanzi con il lavoro da sceneggiatore? Sono due tipi di scrittura molto diverse, vero?

Sono diverse nella forma ma assolutamente uguali nella sostanza. Alla fine è sempre mettere su carta i tuoi pensieri, quello che vuoi o che devi dire.  Ciò che di diverso ha la sceneggiatura rispetto alla narrativa, è che per scriverla bene bisogna necessariamente conoscerne regole e struttura, anche e soprattutto per poi poterle infrangere. Magari se scrittori ci si può anche improvvisare se sia hanno solo un grande talento naturale e tanta immaginazione, a mio avviso sceneggiatore invece no. E guardo con un sorriso chi spesso si autodefinisce tale solo perché ha scritto una sgangherata sceneggiatura di un cortometraggio magari mai nemmeno realizzato. Essere sceneggiatori è una cosa seria che richiede studio e impegno. Io stesso faccio ancora fatica a definirmi con questo termine; ho ancora tanto da imparare ed apprendere.  

Nel tuo libro affronti in pieno la crisi della cultura. In che direzione stiamo andando in Italia secondo te?

In nessuna direzione. È questo il problema. Stiamo andando completamente alla deriva da anni ormai. La Cultura è sempre più considerata dalla classe politica un optional altamente costoso e trascurabile, un qualcosa su cui non vale la pena investire perché, come ha detto qualcuno, non si mangia. Forse noi homini sapiens dovremmo ricordarci qualche volta che se siamo arrivati ad un tale  livello di evoluzione della specie, è perché abbiamo imparato a nutrirci soprattutto col cervello e non solo con lo stomaco. E che la recessione economica di cui tanto si parla e che stiamo vivendo ha forse radici in una recessione culturale paragonabile a mio avviso ai tempi del medioevo. Forse sarò esagerato, ma spesso penso che la crisi economica è solo mancanza di inventiva o di fantasia.
Ogni individuo oggi ha a disposizione computer portatili e smartphone di ultimissima generazione ma a me sembra diventiamo sempre più vicini ai cavernicoli che a persone evolute. Usiamo la potente tecnologia che abbiamo a disposizione per omologarci e farci standardizzare e l’unico grande boom che la massa è riuscita a liberalizzare con il grande potere di internet è stata la pornografia.
Marco Lodoli ha scritto in un recente articolo che siamo tutti sempre più magri, abbronzati e cool, ma presto ci mancheranno perfino le parole per raccontare chi siamo e cosa vogliamo.
Chissà, forse il nostro futuro sarà davvero quello dispotico in cui l’umanità finisce con l’essere schiavizzata dalle stesse macchine che ha creato, come immaginato in Matrix.
Ma, come nella famosa trilogia, mi piace pensare che ci sarà sempre, anche nella peggiore delle ipotesi, un manipolo di uomini valorosi e non omologati, che ragionano con la loro testa e muoveranno per il bene comune contro il sistema.

Un'ultima domanda sul tuo futuro. Che progetti artistici e letterari bollono in pentola?


Tantissimi, pure troppi. È ora di farne uscire qualcuno da sta pentola altrimenti si corre il rischio di farli scuocere a tenerli troppo tempo in ebollizione. 

venerdì 27 luglio 2012


INTERVISTA A SONIA STRANGIO, AUTRICE DI "BUON SANGUE"



Cara Sonia, questo è il tuo primo romanzo e hai scelto fin da subito di confrontarti con una storia familiare intricata, che copre un ampio arco temporale…raccontaci da dove è arrivata l’ispirazione…

Penso che sia molto difficile collocare il momento esatto in cui nasce un libro. L’ispirazione è un momento superbo, che ho sempre creduto provenire da qualcosa al di fuori di noi. Nel mio caso, ad esempio, nasce in molti momenti diversi, nel corso della creazione di un romanzo, e non è sempre legata alla trama che ho immaginato all’inizio. Questo perché molte volte le mie trame si costruiscono da sole “in corso d’opera”. Spesso ho la sensazione di essere semplicemente il tramite, il ponte attraverso il quale i miei personaggi scavalcano il mondo della fantasia per trasferire la loro personalità e la loro volontà sulla carta. Sono se stessi, esattamente come le persone reali, e se cerco di cambiare la loro linea d’azione, tramite vari segnali mi spingono a tornare sulle loro scelte, a far loro compiere ciò che è effettivamente in linea con il loro carattere. Mentre scrivo non ho un progetto preciso. Scrivo. La storia si costruisce da sé tramite l’interazione dei vari personaggi. Per me questo costituisce la fonte dell’ispirazione: le personalità delle mie “creature” che interagiscono fra loro. E’affascinante. Mi metto davanti al pc e comincio a scrivere chiedendomi “Chissà oggi cosa farà X e come reagirà Y”, ed è tutto molto emozionante….come vedere un film in anteprima!!!

Leggendo il tuo libro si nota subito una tua predilezione per le descrizioni accurate dei personaggi, ma anche una capacità di costruire dialoghi dal ritmo serrato: quale delle due forme ti viene più facile?

Entrambe. “C’è un tempo e un luogo per ogni cosa…”, e così credo sia anche nella costruzione di un romanzo. So di scrittori che possiedono un loro stile particolare, ossia che prediligono il dialogo oppure le descrizioni…diciamo manzoniane…io non credo di potere venire collocata in questo senso. Il mio stile è un po’ particolare, perché seguo la storia: se il momento richiede un ritmo serrato di dialoghi, allora bando ai dettagli insignificanti; se il momento è più riflessivo, allora un po’ di spazio per la descrizione del personaggio è indispensabile. Credo comunque che sia da preferire un giusto equilibrio: non annoiarmi è la parola d’ordine, quando scrivo. Difficilmente se io mi diverto, il lettore non si divertirà a sua volta. Non credo nel “dogma”. Lo scrittore deve allietare se stesso e per ovvia conseguenza i lettori, fornire spunti di riflessione, entusiasmare, scrivere bene (cosa molto più facile a dirsi che a farsi)…non deve imporre la propria opinione, non deve fornire il “morale della favola”…quello lo faceva Esopo troppo bene per venire emulato, soprattutto in questo momento storico. Per questo il personaggio è bene che si faccia conoscere dal pubblico tramite un giusto equilibrio di descrizione e dialogo con gli altri personaggi. Lo scrittore non deve far capire troppo il proprio parere con descrizioni troppo ampie: il lettore deve sentirsi libero di decidere da sé e di formarsi una propria opinione, anche tramite dialoghi il più possibile verosimili.

Nel tuo libro ci sono moltissimi personaggi, sia uomini che donne: quale di loro ti sei più divertita a immaginare e poi a rappresentare? Ce n’è uno che detesti?

Ebbene: non detesto nessuno. Amo tutti i miei personaggi per ciò che sono, e mi sono divertita a descriverli tutti, perché sono tutti diversi, tutti si sono affacciati alla mia immaginazione con la stessa appassionata irruenza. Certo: non approvo alcuni loro comportamenti, ma non è come nella vita reale, dove trovandomi davanti una Chantal Carmichael mi limiterei a cambiare strada e tenerla più lontano possibile da me! Questo è un romanzo, e ogni personaggio serve. Anche nella loro ferocia sono “mie” creature, del resto!

A uno scrittore si chiede sempre qual è la sua “formazione letteraria”, perciò non possiamo fare eccezione: quali sono i libri o gli autori che hai amato di più?

Ho un carattere particolare. In ogni essere umano trovo la bellezza. Per me non esistono persone o cose “brutte”. Ogni essere vivente, ogni cosa, possiede una particolarità che lo rende unico, e bello….credo profondamente in Dio, e probabilmente questo atteggiamento deriva anche dalla Fede. Così è per gli artisti, e per gli scrittori. L’ispirazione, dal mio punto di vista, viene da un Essere Superiore. Fra i doni che abbiamo ricevuto c’è il talento, e ogni persona, ogni singola parte del Creato ha un proprio talento. Quindi, ogni persona e ogni avvenimento ci troviamo a ricevere nel nostro cammino è degno di essere considerato: da tutto e da tutti abbiamo la possibilità di recepire insegnamenti di varia natura, che non potranno che rivelarsi utili. Di conseguenza ogni scrittore è particolare, ogni artista è perfetto nel proprio stile. Ovviamente ho delle predilezioni: per gli scrittori dell’800 francesi e italiani (Maupassant, Zola, Verga, Salgari), ai quali mi ispiro pur seguendo un ritmo decisamente più in linea con i nostri tempi. Amo leggere, e penso che ogni libro dia molto al lettore. Per questo motivo non c’è un romanzo che preferisco agli altri, né uno scrittore in assoluto che prediligo.

Tu sei una donna che lavora, moglie e madre, quando trovi il tempo per scrivere? Hai delle abitudini “di scrittura”?

Ho una famiglia, una casa e un lavoro part-time. Invidio le donne che riescono a fare tutto: hanno una strabiliante carriera, sono mogli e madri esemplari e perfette donne di casa.  Purtroppo io non ci riesco. Cerco di fare del mio meglio, ma casa mia è spesso un completo disastro con giochino che emergono da ogni dove, e la carriera non fa per me. Quello che ritengo veramente importante, è stare vicino ai miei bambini e a mio marito nel migliore dei modi, dedicando loro più tempo possibile. Se poi il disordine impera nella mia dimora, non fa nulla! Con due bambini piccoli e un marito mentirei spudoratamente se affermassi di scrivere di notte. Alle dieci di sera, appena il mio secondogenito di otto mesi decide di dormire, io crollo fra le braccia di Morfeo! I momenti che dedico alla scrittura sono costellati da richieste di latte, cambi di pannolini, giochi con palloni e cani di pezza. Spesso nel pieno della vena creativa il mio primogenito di tre anni e otto mesi mi si arrampica addosso senza pietà, e rileggo i miei pezzi sommersa dalla pastina sputacchiata del più piccolo. Con tali premesse, qualsiasi abitudine sarebbe ben difficile da mantenere. Tuttavia non riuscirei a concepire la mia vita senza scrivere...e quindi persevero!

 E’ impossibile condensare in poche righe il tuo romanzo, ma se dovessi scegliere solo tre aggettivi per descriverlo quali sarebbero?

Posso dire come i miei lettori definiscono “Buon Sangue”.
Sorprendente, per la particolarità della storia e per il grande movimento che la caratterizza. I colpi di scena sono incalzanti e ogni pagina trasporta il lettore in uno scenario diverso, a volte in un tempo diverso; eppure si riesce sempre a mantenere saldamente le fila della trama, intricata ma lineare, chiara.
Avvincente, perché dicono che dalla prima pagina l’hanno letto avidamente, con la curiosità irresistibile di arrivare alla fine ma anche con una certa ritrosia ad abbandonare i miei personaggi una volta arrivati alla sospirata ultima pagina…certi lettori mi hanno perfino confidato che i miei personaggi gli sono talmente mancati che hanno dovuto rileggere la storia! Uno di loro mi ha detto testualmente “Ho finito ieri sera e stanotte non ho dormito…come farò a vivere senza James Principato?” E’stato un complimento meraviglioso!
Innovativo, perché è scritto su piani diversi, con giochi di flash-back molto bene strutturati, con conseguenti impercettibili variazioni di stile che contribuiscono a coinvolgere meglio il lettore, a farlo sentire a proprio agio nel tempo e nel luogo dove si svolge l’azione, pur non perdendo di vista il fulcro principale della storia.
Il romanzo in realtà è talmente particolare e ricco che è veramente difficile descriverlo in poche parole…leggetelo, così potrete offrirmi nuovi aggettivi!!

Sappiamo che hai una vena creativa esplosiva e non ti stanchi mai di scrivere: hai progetti per il futuro?

 In lavorazione ci sono altri tre romanzi, uno dei quali ambientato nella Roma antica, un cortometraggio e un pezzo teatrale umoristico. 

INTERVISTA A SIMONA RENZI, AUTRICE DI "INTERVISTA CON L'ASSASSINA"


Simona, presentando il libro hai esortato a non fare confusione: qui non si parla di stalking o almeno non solo…

Infatti, nel mio libro non si parla solo di questo. E’ la storia di una donna che subisce ogni tipo di maltrattamento, da quello psicologico a quello fisico, passando anche per lo stalking. Purtroppo è una storia tristemente comune, consumata come tante altre dentro le mura domestiche.

Quando si legge un titolo del genere e la vicenda narrata ha un contenuto così forte viene subito da chiedersi: quanto c’è di autobiografico nel tuo racconto?

Il racconto è ispirato a una storia vera…la mia storia! Ho cambiato nomi e luoghi ma ogni episodio di violenza che descrivo, l’ho vissuto sulla mia pelle. L’assassinio…beh quello nella realtà non c’è stato, ma nella fantasia ho ucciso più e più volte il mio “carnefice”. Un atto liberatorio per esorcizzare la paura con la quale convivo, quella paura che qualsiasi donna che subisce violenza porta dentro il suo cuore, con la quale impara a relazionarsi ma che non potrà mai cancellare.
“Perché con questa penna ti uccido quando voglio” scrive  Guccini in una sua bellissima canzone…ecco, scrivere ti regala questa grande possibilità.

Che tipo di esperienza è stata per te scrivere questo libro?

Quando l’impronta autobiografica è così predominante, scrivere diventa una sorta di psicoterapia. Ho pianto scrivendo “Intervista con l’assassina”, sono stata costretta a rivivere ciò che per anni ho cercato di dimenticare, a fare conto con i “mostri” che avevo sepolti nel cuore. Ma la voglia di raccontare, di raccontarmi è stata più forte delle paure…la convinzione che la mia esperienza potrà essere d’aiuto a tante altre donne, ha fatto il resto.

Ti sei avvicinata recentemente alla scrittura oppure è un mezzo di espressione che ti appartiene già da tempo?

Credo che io abbia cominciato a scrivere ancora prima di parlare. Se devo comunicare un’emozione e renderla fruibile agli altri, la cosa più naturale per me è metterla sulla carta. E’ bellissimo quando sento che la storia comincia a prendere forma dentro la mia mente…ho la stessa sensazione che si prova quando si vede l’innamorato, quel frenetico farfallìo nello stomaco che passa solo quando l’oggetto del desiderio diventa tuo. E io riesco a possedere queste emozioni solo scrivendole.

Hai una tua routine per scrivere?
No, non seguo nessuna routine e nessuno schema. Scrivo di getto, senza ragionarci sopra, comincio e…non ho pace finché non ho finito. Non ricerco parole forbite o periodi arzigogolati, la mia è una scrittura semplice, diretta…l’ho definita una “scrittura emotiva” e per comunicare un’emozione non c’è bisogno di tante parole.

Progetti futuri legati alla diffusione di un tema così scottante come quello di cui parli nel libro?

“Intervista con l’assassina” non avrebbe avuto un senso se fosse rimasto un semplice romanzo, con questo libro volevo dar voce a chi troppo spesso la voce viene tolta e dare un aiuto concreto. Questo mio desiderio in parte si è già realizzato, insieme alla Qulture Edizioni abbiamo deciso di devolvere parte dei proventi del libro al centro Donna LISA di Roma. I progetti che abbiamo sono invece un po’ più ambiziosi:presenteremo una proposta di legge, o meglio una modifica all’attuale, al Parlamento italiano.
      Insomma, continuerete a sentir parlare di noi.