Autore: EDOARDO NESI
Titolo: STORIA DELLA MIA GENTE
Editore: BOMBIANI
Pagine: 161
Prezzo: 14 €
RECENSIONE
Lo sappiamo tutti, un libro è bello quando ti tiene incollato allo scorrere delle parole anche se hai altro da fare, molto altro da fare.
E “Storia della mia gente” è un libro così.
Inizialmente ti dici che, in fondo, questo argomento della crisi del distretto tessile di Prato a causa dell’avvento della globalizzazione è più un argomento da saggio socio-economico, che non da romanzo vincitore del Premio Strega. Però ti bastano poche pagine per capire che non è così e che sei di fronte ad un vero Premio Strega, perché riesci a sentire l’autenticità e la tensione esistenziale degli scrittori veri.
Mentre racconta la parabola della sua azienda di famiglia, il Lanificio T.O. Nesi & Figli S.p.A., e della difficile decisione di chiuderla, Edoardo Nesi affronta il suo dramma personale, l’abbandono dell’età dei sogni di ricco rampollo di una famiglia industriale di provincia, per un risveglio alla maturità di imprenditore fallito, che tuttavia conserva la sensibilità dello scrittore. Questa sensibilità gli permette di mettere le mani nella rabbia profonda del vedere come un incontrollato processo di allargamento dei mercati ha costretto la piccola imprenditoria tessile italiana al soffocamento. Il libro è attraversato da una critica durissima e frontale agli economisti teorizzatori del villaggio globale, alle multinazionali e ai politici nostrani: «Durante gli anni novanta, subito dopo che la Cina entrasse nel WTO e ai suoi prodotti fosse concesso di invadere l’Occidente come un’onda in piena, i nostri politici giravano il mondo sorridenti a firmare accordi che avrebbero minato la prosperità dell’Italia, spalleggiati dai nostri economisti che approvavano e incoraggiavano, ripetendo in ogni intervista il dogma bambinesco che la totale liberalizzazione degli scambi commerciali avrebbe portato al mondo – a tutto il mondo, senza distinzione – molti più vantaggi che svantaggi».
A questa critica amara, si affiancano i ricordi interiori dell’autore, delle sue estati solitarie negli Stati Uniti, le sue letture di Fitzgerald, i viaggi in Germania per vendere i propri tessuti, ricordi e riflessioni che però conducono alla consapevolezza e alla crescita, che lo spinge a concludere: «Ora so che non vivrò più nell’accecante splendore fitzgelardiano nel quale mi pareva di vivere quand’avevo diciott’anni e i miei sogni non avevano confini e il futuro era un gran regalo brillante e la vita era leggera e lucida come la seta, e tutt’intorno a me chiunque poteva provare a diventare imprenditore e a sentirsi padrone del proprio futuro, persino io. so che sono servo dei miei libri e della mia famiglia, e il mio destino è scrivere. Finché potrò. Oggi però voglio continuare a camminare insieme alla mia gente. Non so bene dove stiamo andando, ma di certo non siamo fermi».
Sandro Minghetti
Nessun commento:
Posta un commento