Innanzitutto
complimenti per il riconoscimento al premio ProArte di New York. Sei appena
rientrato dalla Grande Mela, ci vuoi raccontare qualcosa di questa esperienza?
Sarò banale, ma altre parole non trovo se non dire che è
stata un’esperienza di un’emozione grandissima ed indimenticabile. Mentre ero
in areo diretto verso l’America o mentre respiravo l’atmosfera delle strade di
New York, pensavo spesso tra me e me e mi dicevo con incredulità, “Cavolo, sto
andando, sono qui, per ricevere un riconoscimento per il mio lavoro
letterario”! Mi sono sentito un po’ come i miei eroi della letteratura e del
cinema, ed è stata una sensazione unica. E poi la cerimonia di premiazione
all’Ambasciata Italiana con il Console Natalia Quintavalle, o la mattinata in
cui sono stato invitato a sfilare alla parata del Columbus Day, riscoprendo un
orgoglio nazionale che qui in patria è decisamente sopito ed affievolito… insomma,
una centrifuga di emozioni dalla quale ancora non mi sono ripreso del tutto!
Ringrazio Michele Centorrino, il Forum Nazionale dei Giovani, e tutto lo staff
del premio ProArte che hanno creduto in me e mi hanno conferito questo
importantissimo riconoscimento, oltre a permettere al mio libro di varcare
l’Oceano.
Il tuo
romanzo "Ombre" è uscito da pochissimo e già è stato premiato. Che
tipo romanzo è? Di che parla?
È un noir sulla scrittura, che parla dello scrivere, o del
non scrivere. Lucio Spanna è un romanziere famoso che non si trova più a suo
agio in un mondo dove la scrittura conta sempre meno, dove le persone non
leggono quasi più e scrivono ancora più raramente, se non nei linguaggi
sgrammaticati degli sms o di WhatsApp, dove il linguaggio è destrutturato, ridotto
a semplice e sgangherato mezzo di comunicazione e si avvicina sempre di più ad
un protolinguaggio primitivo che alla nostra bellissima ed illustre
madrelingua.
In questo desolante contesto, il nostro protagonista cerca
di resistere come può, rintanandosi sempre di più dietro la trincea del suo
mestiere, quello dello scrittore, forse l’unica cosa che sa fare davvero bene
nella sua vita e che per tanto tempo lo ha fatto sentire come una sorta di
privilegiato dalla vita. Ma adesso, in questa realtà odierna che lui vive come
una vera e propria battaglia, tutto sembra sfuggirgli di mano e divenire
incontrollabile, quasi una minaccia; l’amore, l’amicizia, persino il
protagonista del suo ultimo romanzo.
Quanto
ti assomiglia Lucio Spanna, il protagonista del tuo romanzo?
Per quanto mi riguarda poco e niente. Ma chi mi conosce e
ha letto il libro si è divertito a farmi notare tante piccole cose del
protagonista che rispecchiano me. Forse hanno ragione, forse no. Magari qualche
piccolo “autobiografismo” mi è involontariamente scappato, ma di sicuro non
l’ho fatto apposta. Mentre scrivevo di Lucio Spanna non pensavo minimamente a
me stesso.
Posso
dirti che ci sono molte persone che desidererebbero vivere di scrittura come
te... Sei scrittore, sceneggiatore... Vuoi dirci come è nata questa passione?
Non lo so, è nata così, spontanea, senza essere stata
piantata… quello che posso dire è che è molto difficile coltivarla e ancora di più
farla crescere. L’aria che ha intorno è decisamente non adatta a lei in questo
preciso momento storico. Io personalmente per vivere di scrittura faccio una
serie di rinunce e sacrifici quotidiani che ho molta paura mi peseranno poi
negli anni a venire. Ma non ci posso fare niente. Come scriveva Montale “nulla
so rimpiangere”. E per giunta non riesco ad arrendermi.
Come
concili la scrittura dei tuoi romanzi con il lavoro da sceneggiatore? Sono due
tipi di scrittura molto diverse, vero?
Sono diverse nella forma ma assolutamente uguali nella
sostanza. Alla fine è sempre mettere su carta i tuoi pensieri, quello che vuoi
o che devi dire. Ciò che di diverso ha la
sceneggiatura rispetto alla narrativa, è che per scriverla bene bisogna
necessariamente conoscerne regole e struttura, anche e soprattutto per poi
poterle infrangere. Magari se scrittori ci si può anche improvvisare se sia hanno
solo un grande talento naturale e tanta immaginazione, a mio avviso
sceneggiatore invece no. E guardo con un sorriso chi spesso si autodefinisce tale
solo perché ha scritto una sgangherata sceneggiatura di un cortometraggio
magari mai nemmeno realizzato. Essere sceneggiatori è una cosa seria che
richiede studio e impegno. Io stesso faccio ancora fatica a definirmi con
questo termine; ho ancora tanto da imparare ed apprendere.
Nel
tuo libro affronti in pieno la crisi della cultura. In che direzione stiamo
andando in Italia secondo te?
In nessuna direzione. È questo il problema. Stiamo andando
completamente alla deriva da anni ormai. La Cultura è sempre più considerata
dalla classe politica un optional altamente costoso e trascurabile, un qualcosa
su cui non vale la pena investire perché, come ha detto qualcuno, non si
mangia. Forse noi homini sapiens dovremmo ricordarci qualche volta che se siamo
arrivati ad un tale livello di
evoluzione della specie, è perché abbiamo imparato a nutrirci soprattutto col
cervello e non solo con lo stomaco. E che la recessione economica di cui tanto
si parla e che stiamo vivendo ha forse radici in una recessione culturale paragonabile
a mio avviso ai tempi del medioevo. Forse sarò esagerato, ma spesso penso che
la crisi economica è solo mancanza di inventiva o di fantasia.
Ogni individuo oggi ha a
disposizione computer portatili e smartphone di ultimissima generazione ma a me
sembra diventiamo sempre più vicini ai cavernicoli che a persone evolute. Usiamo
la potente tecnologia che abbiamo a disposizione per omologarci e farci
standardizzare e l’unico grande boom che la massa è riuscita a liberalizzare
con il grande potere di internet è stata la pornografia.
Marco Lodoli ha scritto in un recente articolo che siamo
tutti sempre più magri, abbronzati e cool, ma presto ci mancheranno perfino le
parole per raccontare chi siamo e cosa vogliamo.
Chissà, forse il nostro futuro sarà davvero quello dispotico
in cui l’umanità finisce con l’essere schiavizzata dalle stesse macchine che ha
creato, come immaginato in Matrix.
Ma, come nella famosa trilogia, mi piace pensare che ci
sarà sempre, anche nella peggiore delle ipotesi, un manipolo di uomini valorosi
e non omologati, che ragionano con la loro testa e muoveranno per il bene
comune contro il sistema.
Un'ultima
domanda sul tuo futuro. Che progetti artistici e letterari bollono in pentola?
Tantissimi, pure troppi. È ora di farne uscire qualcuno da
sta pentola altrimenti si corre il rischio di farli scuocere a tenerli troppo
tempo in ebollizione.