sabato 19 novembre 2011

TERNITTI di Mario Desiati






RECENSIONE
Il “mondo di vetro” è la cifra distintiva di un romanzo “Ternitti” di Mario Desiati, Mondadori editore, che si fa testimonianza pacata e al contempo profonda di una realtà  che ci sembra lontana ma che penetra nelle spire disperate di coloro che si trovano, dopo anni di lavoro, a fronteggiare la morte che si è insinuata con un veleno mortale nei loro corpi. Vi è nel carattere della protagonista, questa donna, Mimì – anche in altri, pur in tono minore – il senso disperato di “non perdere neanche un briciolo della vita”, di far sì che la propria esistenza non venga dimenticata, nel bene e nel male. La difficoltà di vivere, di essere accettati in una società che pone delle barriere, vissuta dai nostri connazionali in Svizzera, nelle fabbriche, a contatto con il subdolo amianto, diventa l’archetipo di una società ghettizzata, esclusa, perché diversa, che deve lottare per imporre la propria presenza, per crearsi uno spazio vitale, in cui essere se stessi. C’è una continua ricerca di amore che scorre tra le pagine di questo romanzo, amore come accettazione del proprio vissuto, delle proprie idee e soprattutto delle proprie debolezze. Significativo è il personaggio di Ippazio, la cui vita procede sui binari di una solitudine che lo accomuna a tanti suoi amici, ma egli si distingue perché controlla il loro lavoro, issato su una pensilina, a metà strada tra il rischio e la salvezza: rappresenta quasi una sorta di muta avvisaglia del pericolo. I suoi dialoghi sono scarni nel corso di tutto il romanzo, fino all’epilogo finale, quando in un gesto eclatante vorrebbe riscattare una vita fatta di sbagli, ma soprattutto di omissioni, riconciliandosi con la parte più vera e più profonda di sé, che scaturisce dal rapporto con Mimì. Altro personaggio “spezzato” o “rotto” nelle parole dell’autore, è Biagino, una specie di eterno bambino disperato, marionetta scoordinata di un’esistenza ai margini della società, che gioca con la vita senza accorgersene, privo di volontà e incapace spesso di reagire alla cattiveria altrui. Ma è Mimì la protagonista assoluta, che passa attraverso le vicende della sua vita con il desiderio spasmodico di vivere intensamente, ma con la certezza di rimanere sempre se stessa: non ha paura di nessuno, Mimì, né della povertà, né degli altri, con cui si relaziona, avendo sempre in mente un obiettivo, quello di realizzarsi in qualche modo, ad ogni costo. Forte di una determinazione mai vinta, vive in un’ “affollata solitudine”, con i suoi ricordi di bambina, accanto ai suoi antenati, con cui lei spesso intesse un dialogo immaginario, con  le sue scelte difficili a cui non si sottrae mai, ma il suo personaggio è pieno di una purezza atavica, di uno splendore dell’anima che la rende speciale. Attorno a loro un mondo di persone che al lavoro hanno sacrificato tutta la propria vita e ora ad uno ad uno devono arrendersi al “serpente di amianto” che ha avvolto con le sue spire il loro corpo e i colpi di tosse, tremende avvisaglie di un morbo letale, li rendono fratelli, assieme alle loro famiglie, intente alla preparazione di quella “parmasia” – paniere dei morti- che diventa una sorta di grani di rosario che racchiudono il passato.

Ilde Rampino 

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